Conclusa positivamente causa di responsabilità medica in ambito dermatologico per erronea prescrizione di farmaco.
Sara (nome di fantasia) si era rivolta ad un medico dermatologo della sua Città che la aveva ricevuta inizialmente in uno studio medico privato e successivamente presso una Azienda Sanitaria Locale [1] per un esame dermatologico al volto, al fine di verificare la natura di una piccolissima macchia rossa antiestetica posta sulla guancia e l’eventuale trattamento per rimuoverla.
Nelle due visite effettuate presso la clinica privata e l’ Ospedale, reparto di Dermatologia, veniva prescritto alla ricorrente un farmaco denominato “picato gel“, con specifica di “….applicare ½ tubetto a sera sull’area di lesione x 3 sere consecutive con cerotto senza metalline….”
Nei giorni successivi al primo utilizzo del su detto farmaco Sara vedeva comparire un’ustione di circa 1,5 cm.
Nonostante le richieste di chiarimento al dermatologo, questi tendeva a tranquillizzarla minimizzando.
Ma la ferita continuava a non rimarginarsi e le causava dolore.
A quel punto Sara decideva di rivolgersi al ns. Studio https://www.studiolegaleandreini.it/ per verificare la bontà dell’operato della professionista.
La cliente veniva così ricevuta dal ns. collaboratore Specialista in Medicina Legale, Dott. Giuseppe Merolla https://www.studiolegaleandreini.it/collaboratori/dott-giuseppe-merolla/ che attestava che erano state formulate dal medico erronee prescrizioni terapeutiche, in palese contrasto con le avvertenze e le indicazioni segnalate nelle schede illustrative (che imponevano di non posizionare alcun cerotto dopo l’applicazione del Picato Gel, farmaco nel frattempo ritirato dal commercio), affermando l’esistenza un grave “reliquato cicatriziale” (c.d. invalidità permanente) che aveva sfregiato vistosamente il volto della paziente, oltre ad aver originato un disturbo psicologico dell’adattamento con umore depresso persistente.
In forza di tali elementi, cristallizzati in una relazione medica di parte (cd. CTP), la cliente era messa in grado col ns. intervento di muovere le contestazioni di rito alle due strutture sanitarie ed al medico dermatologo.
Effettuato il tentativo di conciliazione presso un Organismo di Mediazione accreditato (fallito per l’ostinato rifiuto del medico di riconoscere i propri errori professionali), veniva intrapreso un giudizio cd. “cautelare” ex art. 696 bis cpc.
In tale ambito il Tribunale nominava un collegio di medici (specialista in medicina legale e in dermatologia) i quali, al termine del giudizio, attestavano, a vario titolo, le responsabilità di tutti i soggetti convenuti.
Dopo di che il ns. Studio riusciva a siglare un accordo transattivo con il quale si definiva il contenzioso e venivano risarciti i danni sofferti dalla ns. cliente e rimborsate le spese da essa sostenute evitando così di affrontare un lungo giudizio di merito.
[1] I dati sensibili non sono pubblicabili oltre che per motivi di privacy anche perché il contenzioso si è concluso con un accordo cd. “stragiudiziale” che ha imposto a tutti i firmatari l’obbligo di riservatezza.